Il Blog di Felice Besostri

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OH MY SPLENDID COPENHAGEN



Uno sguardo alle precedenti elezioni è importante per capire le dinamiche odierne. 
La Danimarca è retta dal 2001 d una coalizione di centro-destra con l’appoggio di un partito xenofobo come il Partito Popolare.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            I I socialdemocratici sono stati il partito più forte dal 1924 al 2001, quando passò da 63 a 52 seggi sorpassati dai liberali(Venstre) con 56 seggi(+14). Quel voto si tenne il 20 novembre del 2001 e l’attentato del 11 settembre alle Torri gemelle  fece da detonatore ad un risentimento anti immigrati, di cui fu espressione il successo del Partito Popolare Danese con 22 seggi (+9). La sconfitta colpì l’intera sinistra perché anche il Partito Popolare Socialista perse un seggio. E’ un fenomeno frequente in Europa, nei paesi dove a sinistra è egemone un forte partito socialista democratico, che quando il successo di un partito alla sua sinistra è a spese della socialdemocrazia, la percentuale totale dei voti a sinistra diminuisca. Nelle elezioni del febbraio 2005 la maggioranza di destra è stata riconfermata, ma rafforzando il PPD (+2)e i Conservatori(+2) a danno dei Liberali della Venstre(-4). Il recupero dei Socialdemocratici (+5), infatti è avvenuto parzialmente a spese dei Socialisti Popolari(-1). Quell’anno continuò la crescita dei Social Liberali della Radicale Venstre con 17 seggi (+8) e fece comparsa in Parlamento un nuovo soggetto, La Lista Unitaria-Alleanza Rosso-Verde con 6 seggi).
L’instabilità dell’Alleanza dovuta all’estremismo del PPD ha portato ad elezioni anticipate nel 2007, che hanno visto ancora una volta la Venstre primo partito con 46 seggi(-6) ad un’incollatura dai Socialdemocratici con 45(-2) nell’ambito di un generale spostamento a sinistra con i Socialisti Popolari a 23 seggi (+12) e l’Alleanza rosso- Verde a 4(-2). 
La maggioranza di destra tiene comunque con i 25 seggi(+1) del PPD e gli invariati 18 seggi dei Conservatori per un totale di 89 seggi, esattamente una risicata maggioranza assoluta dei 179 membri del Folketing, il parlamento monocamerale danese.
I sondaggi della vigilia, che davano certa la vittoria dell’opposizione sono stati rispettati, ma non quello della riconquista del primato dei Socialdemocratici sotto la guida della loro presidente Helle Thorning-Schmidt:  con il 24,9% dei voti hanno perso lo 0,6% rispetto al 2007  e pertanto il loro peggior risultato degli ultimi 100 anni. La futura primo Ministro, la prima donna a capo di un governo danese, è comunque soddisfatta perché è stata l’animatrice della coalizione vincente, comunemente designata Blocco Rosso, benché composta anche dai social liberali o Radikale Venstre(9,2%), oltre che dai Socialisti Popolari (9,5%) e dalla Lista Unita rosso-verde, che con il 6,7% ha praticamente triplicato i voti rispetto al 2007(2,2%).
La sconfitta della destra è merito degli alleati dei socialdemocratici e del crollo dei Conservatori, più che dimezzati al 4,9% dal 10,4% e dalla perdita dei populisti di destra del PPD di Pia Kjaersgaard dal 13,9% del 2007 al 12,3%: i liberali Venstre del Primo Ministro L.L. Rasmussen con il 26,7% guadagnano, infatti, un modesto 0,4% confermandosi il primo partito.
Una nuova entry di successo è stata l’Alleanza Liberale, originariamente  frutto della scissione della destra dei Radikale Venstre sotto la guida di un mussulmano moderato, Nader Khader e della sinistra dei Conservatori di Gitte Seeberg con il nome di Nuova Alleanza. Ora guidata da Anders Samuelson si è spostata a destra sul piano economico, ma saldamente ancorata ai diritti civili, come i matrimoni gay e per gli immigrati, ma nuclearista.
Sarà formato un governo di minoranza, che però godrà di un appoggio parlamentare di 91 voti, cioè sugli 89 del Blocco Rosso, cui si aggiungeranno sicuramente il deputato groenlandese del Siumut apparentato ai socialdemocratici e un deputato delle isole Faroer.
Già nel passato governi di minoranza socialdemocratici si sono retti sull’appoggio esterno dei socialisti popolari, che erano molto più a sinistra e con una forte componente comunista. Nel Nord Europa c’è un’etica politica sconosciuta in Italia che impedisce che destra e sinistra sommino i loro voti in un’alleanza puramente negativa o che partiti decisivi per formare alleanze alternative rivendichino la presidenza del Consiglio dei Ministri. Un altro insegnamento da queste elezioni è che un sistema proporzionale non impedisce di per sé che si formino maggioranze stabili senza essere dopate da artificiosi premi di maggioranza.  
 Con il 50,3% dei voti si governa con buona pace delle teorizzazioni di Berlinguer sulla lezione cilena. Un’altra novità è la fine dell’autosufficienza socialdemocratica, che non tollerava formazioni alla sua sinistra, ora, invece dopo la Norvegia e la Svezia, i socialdemocratici si pongono come il perno di un’alleanza rossa-rossa o rosso verde.   
Questa strategia, però, avrà un banco di prova in Germania per le prossime elezioni federali e prima ancora nelle presidenziali francesi. Un’inversione di tendenza elettorale della sinistra e del socialismo-democratico per avere un significato continentale dovrà coinvolgere grandi paesi europei, tra cui si dovrebbe annoverare, insieme con Germania, Francia e Gran Bretagna, anche l’Italia se ci fosse una sinistra con una visione unitaria ed europea.