Il Blog di Felice Besostri

Il Blog di Felice Besostri

LA LEGGE ELETTORALE FUORI DA MITI E LEGGENDE E DALL’INTOSSICAZIONE MEDIATICA PARTE PRIMA

di Felice Besostri*

Avvertenza
Una premessa è necessaria quando parlo di legge elettorale in Italia e dei suoi conati ( conati è la parola giusta perché i risultati sono vomitevoli)di riforma non sarò senza passioni, sine ira ac studio, perché sono personalmente, sia emotivamente che politicamente coinvolto, ma in ogni caso non dimenticherò che per qualche decennio sono stato ricercatore in Diritto Pubblico Comparato e dall’A.A. 2004/2005 titolare di corso presso la Facoltò di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano. La legislazione elettorale straniera è nell’ambito del corso una delle materie importanti. Sono stato esperto del Consiglio d’Europa per la riforma dei regolamenti Parlamentari(Albania) della riforma federale(Russia) e osservatore internazionale per le elezioni parlamentari e/o presidenziali di Albania(2x), Bielorussia(4x), Bosnia Herzegovina, Georgia, Lettonia.Ho fatto, inoltre, fatto parte, per 5 anni nella XIII legislatura(1996-2001) della Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica, anche come capogruppo dei DS in quella Commissione, competente per la legislazione elettorale. Last but not least, sono stato candidato al Senato con il Mattarellum e il Porcellum, alle Regionali Lombarde con 2 leggi elettorali diverse, un’elezione europea senza le clausole di sbarramento della legge dl 2009 e, infine, in un comune sotto i 5.000 abitanti, nei tempi in cui il Sindaco era eletto dal Consiglio Comunale e non direttamente o indirettamente dagli elettori. Posso aggiungere che come avvocato da solo o con altri, tra cui voglio nominare specialmente l’avv. Aldo Bozzi, già avvocato dello Stato, omonimo e nipote dell’on. Aldo Bozzi, un vecchio gentiluomo liberale, conservatore democratico: una specie in via di estinzione nel nostro paese prima ancora di aver raggiunto una certa consistenza.

Lo stato dell’arte e i suoi antecedenti
La legge elettorale è ancora in discussione in Senato ed anche se si troverà un accordo pasticciato, non è detto che sia approvata in via definitiva. A questa situazione non si è arrivati per caso, ma per ragioni politiche e tecniche. Chiunque abbia una minima esperienza di lavori parlamentari l’aveva capito quando la Commissione Affari Costituzionali aveva deciso di collegare riforma della legge elettorale alla riforma del numero dei parlamentari, per di più differenziando le competenze di Camera dei Deputati e Senato della Repubblica. Apparentemente una scelta logica, se cambia il numero dei parlamentari quantomeno vanno ridisegnati i collegi. Un Senato, che non deve più dare la fiducia, semplificava il problema del premio di maggioranza, atteso che la previsione della” base regionale” dell’elezione(art.57, c.1 Cost.) impedirebbe, e io sono d’accordo, un premio di maggioranza nazionale. Tuttavia le leggi costituzionali hanno una procedura diversa(art. 138 Cost.) da quelle ordinarie (artt. 70-72 Cost.) e quindi necessariamente un rallentamento della legge ordinaria, che comunque non può essere approvata, se non dopo l’entrata in vigore della riforma costituzionale: tempi assolutamente incerti, perché, a meno che, come scandalosamente è successo recentemente con le modifiche degli artt. 81, 97, 117, 119 Cost., non siano approvate con i 2/3 dei componenti delle Camere, si può dar luogo entro 3 mesi dalla definitiva approvazione a referendum confermativo. L’incidente si era già verificata con il porcellum , il cui impianto era funzionale ad una coeva riforma costituzionale del centrodestra, che fu, giustamente e saggiamente affondata dal popolo italiano col referendum del 2006. Un destino annunciato quello della riforma della legge elettorale vigente per due ragioni apparentemente opposte.
1) La prima è che il porcellum è la legge ideale per le oligarchie/nomenklature/padri padroni/leader carismatici, che in assenza di una legge sui partiti politici richiesta dal combinato disposto degli artt.2, 39 e49 Cost., ne hanno assunto il controllo, cambiandone la natura, la funzione, la missione e il modo di funzionamento proprio in una democrazia rappresentativa dei corpi intermedi. I “partiti”, come li abbiamo conosciuti negli anni 60 noi gente di sinistra, comunisti o socialisti, che fossimo, non ci sono più, se ne sono, definitivamente, “andati”, in misura senza confronti con la stragrande maggioranza dei paesi europei. Non ci sono altri paesi europei della nostra dimensione in cui il sistema politico non sia articolato intorno a due partiti tendenzialmente alternativi, uno socialista/socialdemocratico/laburista e l’altro popolare/conservatore/democristiano/liberale, che, di norma, fanno riferimento rispettivamente al PSE e al PPE. Come non esistono altri paesi europei con un così alto numero di partiti identificati con il nome di un leader, persino nel logo e/o nei simboli elettorali: ne ho contati 6, ma è variabile in seguito a possibili disgrazie politiche(Bossi) o successi(Renzi).
2) La seconda è la martellante campagna mediatica sulla riduzione dei costi della politica, semplificativamente ridotta, ai costi degli organi elettivi rappresentativi, dal Parlamento ai Consigli regionali per finire con quelli comunali e da ultimo provinciali. Se si volevano ridurre i costi degli organi rappresentativi e fare in tempi rapidi una riforma elettorale, anche per rispondere ai moniti del Capo dello Stato, bastava demagogicamente ridurre del 50% le indennità dei parlamentari, piuttosto che di ridurre di 1/4 o di 1/3 il numero dei parlamentari.

La Corte Costituzionale, che vede ma non provvede
C’era anche un’altra ragione per modificare la legge elettorale, invocata proprio in questi ultimi tempi, per fissare la soglia con l’emendamento Rutelli, al 42,5%, dopo che prima, teoricamente, in una competizione tripolare bastava essere sopra il 30% o in una equilibrata competizione di quattro coalizioni o liste, sopra il 25%, per avere diritto al 54% dei seggi(340 su 630), un avvertimento della Corte Costituzionale, che in sede di esame dell’ammissibilità di referendum elettorali da ultimo con la sentenza n. 13 del 2012 aveva avvertito che un premio di maggioranza senza una soglia in seggi o percentuale di voti presentava profili di costituzionalità. La Corte non poteva, in realtà non ha voluto provvedere, bastava che avesse avuto il coraggio, in situazione analoga della Corte Costituzionale Federale tedesca, di sollevare d’ufficio la questione di costituzionalità. Soltanto formali ragioni procedurali hanno fatto sopravvivere un premio di maggioranza incostituzionale, la norma referendaria non era norma in vigore e la norma della legge vigente non era oggetto del giudizio. La Corte aveva segnalato il problema al legislatore che provvedesse, ma conoscendo i suoi polli, sollecitò i giudici a rimetterle la questione nelle procedure ordinarie.
Per chi voglia approfondire basta la lettura non della sentenza n. 13 del 2012, quella che tutti citano, ma la n.15 del 2008, cioè di 4 anni prima!. I mezzi di comunicazione di massa dovevano occultare come hanno fatto questa circostanza, non per coprire i ritardi della casta, il cui prestigio è ridotto al 4%, ma i loro silenzi e i silenzi dei loro costituzionalisti da Gustavo Zagrebelski di Repubblica a Michele Ainis del Corriere della Sera, quest’ultimo nulla sapeva, mentre il primo sollecitato ad occuparsene rispose che non aveva tempo: tempo che invece trovò per sostenere i referendum elettorale truffa di Di Pietro Parisi. Lo scopo era infatti di farli ammettere per provocare elezioni anticipate con il porcellum, cioè ripetere 4 anni dopo quanto avvenuto con i referendum Guzzetta. L’ammissione dei quesiti referendari, che attribuiva l’abnorme premio di maggioranza( tanto più grande quanto più bassa era la percentuale di voti della lista di maggioranza relativa, alla faccia dell’art. 48 della Costituzione). Quella pronuncia della Corte Costituzionale la conosco bene perché sono stato tra coloro che l’hanno provocata come cittadino elettore e come avvocato di una serie di associazioni politiche di sinistra, che hanno creduto alle mie argomentazione, come si desume dal testo della sentenza n. 15 del 2008, quando da conto degli avocati e delle parti partecipanti al giudizio:
" Graziella Colaiacomo per il Partito dei Comunisti Italiani, Felice Carlo Besostri per il Senatore Tommaso Barbato, in proprio e nella qualità di capogruppo del partito/gruppo politico organizzato denominato “Popolari U.D.EUR”, per l'On. Dott. Mauro Fabris, in proprio e nella qualità di capogruppo del partito/gruppo politico organizzato denominato “Popolari U.D.EUR”, e per i gruppi politici organizzati “Uniti a sinistra”, “Ars Associazione Rinnovamento della Sinistra”, “Associazione RossoVerde-Sinistra Europea” e “Gruppo del Cantiere”, Felice Carlo Besostri e Vittorio Angiolini per il partito/gruppo politico organizzato denominato “per la sinistra” e per l'On. Avv. Felice Carlo Besostri, Felice Carlo Besostri e Costantino Murgia per i Socialisti Democratici Italiani (SDI) e per il Comitato promotore nazionale per il costituendo Partito Socialista, Massimo Luciani per il gruppo parlamentare del Senato della Repubblica “Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo” e per l'associazione denominata “Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo”.. A distanza di tempo appare giusto ricordare i compagni Ersilia Salvato, Gennaro Lopez, Pietro Folena , Piero di Siena, Cesare Salvi, Oliviero Diliberto, Gavino Angius e Oreste Pastorelli, che decisero di opporsi ai referendum, ad essi si associò anche l'UDEUR, mentre il PD di Veltroni era favorevole all’ammissibilità. La sentenza è del 16-30 gennaio 2008 con il governo Prodi ancora in carica, ma già sfiduciato dal Senato il giorno della pronuncia, 16 gennaio e con le Camere sciolte con decreto del Presidente della Repubblica del 6 febbraio. A quel punto nessuna iniziativa legislativa poteva politicamente essere presa, anche se la Costituzione( art., 77, c. 2) prevede che possono essere adottati decreti legge a Camere sciolte, come dimostra, proprio in tema pertinente, il Decreto Legge 15 febbraio 2008 n. 24(Disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche ed amministrative nell'anno 2008)k quando i testo della sentenza era nota per essere stato depositato il 30 gennaio.. Le elezioni si tennero il 13 e 14 aprile 2008. Una fissazione di una soglia sarebbe stata quindi legittima se si avesse avuto a cuore la costituzionalità della legge elettorale. Ebbene né allora, né nella legislatura successiva nessuno ha mai presentato un disegno di legge per fissare la soglia.
La blindatura del porcellum
Tutti conoscono quell’aneddoto, ripreso in un’opera teatrale di Bertolt Brecht, di un mugnaio di Potsdam che a fronte di un sopruso del re di Prussia, Federico II, il Grande, esclamò” Ci sarà pure un giudice a Berlino” Un gruppo di avvocati impugnò davanti al Tar Lazio il decreto di convocazione dei comizi elettorali sostenendo che non si potevano svolgere elezioni con una legge incostituzionale: a un profano può sembrare ovvio. Ebbene come hanno potuto sperimentare quegli avvocati, tra i quali il sottoscritto, la nostra magistratura ha difeso la legge elettorale nell’unico modo possibile. Sentenza della Corte Costituzionale alla mano, non osarono dichiarare la questione di costituzionalità “manifestamente infondata”, e allora ecco l’escamotage: la questione “ non è rilevante al fine del giudizio”, dal momento che non c’è un giudice competente, quindi nessuna sentenza nel merito da emettere. Infatti per arrivare a questa geniale furbata ci si poteva appoggiare su una lunga tradizione di connivenza tra magistratura e potere politica attraverso un’interpretazione estensiva dell’art. 66 della Costituzione, per cui ciascuna Camera giudica dei requisiti di ammissibilità dei suoi componenti. Una persona normale pensa che uno o una( anche se abbiamo un percentuale ridicola di donne parlamentari) per essere definito componente di una delle Camere debba almeno essere proclamato deputato/a o senatore/trice: ebbene no! la competenze delle camere, tramite le loro giunte delle Elezioni, si estende alle operazioni elettorali preparatorie, comprese l’ammissione o non ammissione delle liste e dei candidati, una posizione avallata dalla stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 259 del 2009 , ma sostenendo che è materia di competenza della Cassazione, come giudice della giurisdizione, avendo la Cassazione affermato la natura giurisdizionale della Giunta delle elezioni, natura che, invece, questi organi rifiutano. Il Tar Lazio sez. IIbis sentenza. 27 febbraio 2008, n. 1855 e del Consiglio di Stato, sez. IV sentenza del 13 marzo 2008, n. 1053., hanno avuto la sensibilità di battere il Guinness dei primati di sentenze rapide: due gradi di giudizio in meno di un mese. Tuttavia per blindare il porcellum hanno esagerato dichiarando che il decreto di convocazione dei comizi è un atto inimpugnabile: la strada è aperta per un golpe legale, perché la Costituzione(art. 61, c.1) prevede che “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti”: un termine che potrebbe essere prorogato ad libitum da un Presidente golpista. Solo il caso ci ha salvato dagli effetti più dirompenti di organi eletti da una maggioranza , come quella del 2008, che avesse potuto eleggersi un Presidente della Repubblica e quindi controllare le nomine presidenziali nella Corte Costituzionale e il CSM. La conclusione della giurisprudenza consolidata: su una legge elettorale incostituzionale dovranno decidere le Camere elette con quella legge dopo le elezioni. Come chiedere ai tacchini di organizzare il pranzo di Natale in Europa o il Thanksgiving Day negli Stati Uniti. Illazioni? No le Giunte delle elezioni della Camera e del Senato si sono occupati di ricorsi ex art. 87 DPR 361/1957 Testo Unico per l’elezione della Camera dei Deputati, rispettivamente il 17 giugno 2009 e il 3 novembre 2009. Cosa hanno deciso all’unanimità? Che la legge elettorale vigente, la Calderoli, non presentava rilievi da doverla rimettere alla Corte Costituzionale. Si sono fatti influenzare dal fatto che i ricorsi contestavano, oltre che il premio di maggioranza, le liste bloccate, cioè la modalità con cui erano stati eletti? Honny soit qui mal y pense ("Sia vituperato chi ne pensa male”), sicuramente non hanno pensato al loro caso personale, perché sono soggetti alla Costituzione che all’art. 54 stabilisce che “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi” ed anche che “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il divere di adempierle con disciplina ed onore” e per di più come parlamentari rappresentano “la Nazione” (art. 67 Cost.)e non i loro interessi. Tutte le decisioni sono state prese, come già detto, all’unanimità, ma non si potrà mai saper chi era presente: i nomi dei partecipanti sono per prasi secretati. Su queste vicende assoluto silenzio di giornalisti, politici e costituzionalisti, salvo poche eccezioni in questi 4 anni, tra le quali è giusto nominare il prof. Augusto Cerri della Sapienza e quelli che sono interventi nel giudizi del 2008 Vittorio Angiolini e Costantino Murgia. Oltre che il prof. Valerio Onida per il sostegno morale dato agli avvocati ricorrenti partecipando ad una serata alla Casa della Cultura d Milano alla vigilia della decisione della Corte d’Appello di Milano
Conflitto di attribuzione e Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
Per non lasciar nulla di intentato è stato promosso un conflitto di attribuzione senza precedenti cioè tra il potere dello Stato popolo e il parlamento e l’ordine giudiziario. Un tentativo di introdurre un ricorso diretto alla Corte Costituzionale in caso di lesione di diritti costituzionali fondamentali in Germania e Spagna. La tesi è che il, potere popolo e come la magistratura un potere diffuso e quindi ogni frazione del popolo elettore rappresenta l’intero potere. Se è considerato un potere dello stato i comitati referendari, a maggiora ragione un elettore dovrebbe potere tutelare la sovranità che “appartiene al popolo, che la esercita nella forma e nei limiti della Costituzione”(art.1, c.2 Cost.) . In altre parole solo la Costituzione può porre dei limiti all’esercizio della sovranità, che in una democrazia rappresentativa ha la sua massima espressione nella partecipazione al processo elettorale. La motivazione era di non lasciar nulla di intentato di fronte al pericolo per la democrazia, che non ci fosse una tutela giurisdizionale effettiva nei confronti di una legge elettorale di sospetta costituzionalità, ovviamente prima delle elezioni.
Fallito anche questo tentativo con la loro acribia gli avvocati democratici si son detti che se non c’è un giudice a Roma, si sarà a Strasburgo e perciò ricorso europeo alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha ritenuto inammissibile il ricorso non per ragioni di merito, ma per il fatto che la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali tutela i diritti civili e non quelli politici. Per una istituzione nata per contrapporre le democrazie occidentali alle dittature dell’Europa orientale è un gran bel risultato! Si doveva configurare l’azione come risarcimento danno?
Lo scandalo dei giudizi civili: Tribunale e Corte d’Appello di Milano: le strane ambiguità del Governo tecnico
Un nuovo approccio si imponeva, vista la preclusione a trasmettere la questione alla Corte Costituzionale, con l’iniziativa dell’avv. Bozzi e con la sua regia si è proposto un’azione ordinaria di accertamento del diritto per un cittadino italiano di votare in conformità alla Costituzione. Per farla breve Il Tribunale Civile di Milano non accoglie le eccezioni di inammissibilità dell’Avvocatura dello Stato: infatti non c’erano procedure elettorali in corso, ma nel merito respinge senza fare un minimo cenno alle sentenze della Corte Costituzionale ma limitandosi alla trita e ritrita considerazione che la Costituzione non aveva costituzionalizzato una legge elettorale proporzionale, anche se la presuppone, quando stabilisce una serie di maggioranze QUALIFICATE PER ELEZIONE DI ORGANI DI CONTROLLO E RIFORMARE LA COSTITUZIONE.
Il Tribunale ha fatto finta di non accorgersi della questione del premio di maggioranza, la Corte d’Appello, che non poteva far finta di niente, dal momento che l’omessa pronuncia era uno dei motivi d’impugnazione, è andata per le spicce e si è sostituita alla Corte Costituzionale entrando nel merito delle eccezioni invece di limitarsi alla manifesta infondatezza . Il giudizio ora pende un Cassazione. Nelle puntate precedenti era logico che la Presidenza del Consiglio, da cui dipende l’Avvocatura dello Stato e che la difendeva unitamente al Ministro degli Interni difendesse la costituzionalità di un provvedimento della sua maggioranza. Monti e la Cancellieri, che interesse avevano a non dare istruzioni all’Avvocatura di concordare per una richiesta congiunta di rimessione alla Corte Costituzionale, invece di insistere sulla linea berlusconiana, non lo si è capito, anche perché s’è guardato. Un atteggiamento denunciato dai legali, ma ripreso soltanto dal Manifesto, con un articolo di Fabozzi del 8 novembre di quest’anno:
http://www.ilmanifesto.it/areaabbonati/argomenti/manip2n1/20121108/manip2pz/331346/?tx_maniabbonatimvc_pi2%5Bsezione%5D=PRIMA&cHash=a7f494090e3395008ea038c262409518.Si possono solo fare ipotesi al limite della speculazione di avere le mani libere di intervenire, con la copertura del Capo dello Stato in zona Cesarini con un decreto-legge ovvero di non correre il rischio che con una legge elettorale appena più potabile sarebbe stato più agevole un scioglimento anticipato delle Camere.
L’epilogo provvisorio
Come si sa l’ipocrisia è l’omaggio del vizio alla virtù ed è comunque meglio della protervia della vecchia maggioranza berlusconian-bossiana, ma fa specie l’invocazione alla Corte Costituzionale per giustificare la soglia di acceso al premio di maggioranza fissata al 42,50% dopo aver generosamente portato la maggioranza al 55% dei seggi, in luogo del l’esistente 54%. Il PD si è sentito defraudato in prima battuta, ma dopo anche Grillo e DI Pietro hanno fatto i loro conti e si sono messi a gridare al colpo di Stato: c’è una manovra politica per costringere a maggioranze di salvezza nazionale o per perpetuare il governo a guida Monti. .. I terzisti vogliono essere determinanti e i polisti non essere totalmente tagliati fuori o comunque impedire la vittoria di PD-PSI-SEL con o senza UDC. Il relatore Malan, un finto pentito, giustamente ha argomentato che se si deve dare un premio di maggioranza per la governabilità occorre che il premio dia la maggioranza, altrimenti non si giustifica e con un doppio tuffo carpiato della logica dice che se il premio è di 76 seggi la soglia, che obbligatoriamente va posta in omaggio alla Corte Costituzionale, ignorata da maggioranza e opposizione per quattro anni, non può che essere il 42,5%.La Germania ha un premiolino di maggioranza nel senso che si può dare un solo seggio in più per raggiungere la maggioranza assoluta dei componenti del Bundestag, ma la Germania ha un numero variabile di parlamentari nella sua Camera bassa. Una legge elettorale nell’imminenza di elezioni non può non tener conto delle previsioni di voto: non si può pretendere che i parlamentari del centro-destra e del centro non pensino ai loro interessi cioè rovescino il paradosso di Sant Just, per il quale in una democrazia i molti dovrebbero avere le virtù che normalmente sono di pochi. Nel 2005 c’era un accordo sotterraneo di costruire un bipolarismo artificiale. Nel 2009 altro accordo a 5, cioè anche con l’IdV, per impedire che le forze politiche escluse nel 2008, tutte le formazioni di sinistra da quella riformista a quella antagonista, riprendessero vigore grazie a qualche eletto nel Parlamento Europeo e ai finanziamenti collegati. Anche le elezioni europee sono state portate davanti ai giudici da PSI- Verdi e SEL e dalla lista di unione comunista, ma senza insistere troppo, quando si è capito, che anche in quel caso i giudici ciurlavano nel manico, accogliendo il ricorso dell’on. Gargani in base ad un motivo, non accolto, invece, quando ad eccepirlo era stata Sinistra e Libertà e un cittadino elettore. No credo valga la pena fare previsioni su come andrà a finire e francamente non è nemmeno la questione di maggior interesse.. Se in Sicilia fosse stata in vigore la legge elettorale toscana, la madre spirituale del porcellum Crocetta avrebbe la maggioranza assoluta dei seggi nell’ARS saremmo più vicini alla soluzione dei problemi politici, economici e sociali che hanno provocato una maggioranza superiore al 50% di non voto e fatto del 5 Stelle il primo partito ? non lo credo anzi sono convinto del contrario che lo stato di necessità sia una spinta all’autoriforma e al sorgere di nuove propose aggregative con vocazione maggioritaria, quello che è sempre mancata alla sinistra italiana anche quando PCI e PSI superavano il 40%. La soglia minima del 25% era quella della fasciatissima legge Acerbo, il 50%+ 1 della legge truffa ( a proposito per verità storica non era la soglia in discussione ma il premio paria l 65% dei seggi, cioè appena un 1% meno della soglia per riformare la Costituzione senza temere la richiesta di referendum confermativo), il 42,50% è inaccettabile per il PD per non perdere la faccia del tutto dopo le reazioni scomposte all’approvazione di un emendamento di uno dei cofondatori del PD, un certo Rutelli, una cosa sulla quale riflettere. In una logica di mercanti di tappeti è probabile il 40% ( a quel punto non ho mai capito perché il premio non sia il 10% più un seggio, che da la maggioranza assoluta), resta da discutere il premio al primo partito, che spero si precisi della coalizione vincente, ma sotto il 40%, altrimenti potrebbe diventare un premio di ingovernabilità se andasse alle 5 Stelle: in un suk la discussione sarebbe fra un minimo del 5 % ed un massimo del 10%, diciamo che uscirà un valore nella forchetta tra il 6e 8%: dipende dall’abilità dei negoziatoti/negozianti e dei benefici collaterali che si è disposti a dare In questa logica non escludo vista la italica propensionbe a sistemi misti( abbiamo inventato il proporzionale maggioritario) che ci sia un terzo di eletti con lista bloccata, un terzo con preferenza e un terzo con uninominale a doppio turno Tuto ciò può avvenire erchè non si vuol capre che una scelta di modello elettorale è un acelta politica e culturale e riflette l’idea che non abbiamo delle istituzioni e della loro funzione nella trasformazione della società. Non è solo questione di seggi ma soprattutto di cultura ed etica politica di cui si avverte una certa ( ironico) carenza. Di questo di parlerà nella seconda parte anche con esempi, italiani e stranieri, di clamorosi errori dell’approccio di pura tecnica elettorale o dell’ideologia della governabilità, come se fosse un valore in sé
*Felice Besostri, avvocato, ricercatore e docente di Diritto Pubblico Comparato, componente della Commissione Affari Costituzionali e della Giunta degli Affari Europei del Senato della Repubblica nella XIIi Legislatura, Componente della Commissione Giuridica dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa(1997-2001)