Avvertenza
Una premessa è
necessaria quando parlo di legge elettorale in Italia e dei suoi
conati ( conati è la parola giusta perché i risultati sono
vomitevoli)di riforma non sarò senza passioni, sine ira ac studio,
perché sono personalmente, sia emotivamente che politicamente
coinvolto, ma in ogni caso non dimenticherò che per qualche decennio
sono stato ricercatore in Diritto Pubblico Comparato e dall’A.A.
2004/2005 titolare di corso presso la Facoltò di Scienze Politiche
dell’Università degli Studi di Milano. La legislazione elettorale
straniera è nell’ambito del corso una delle materie importanti.
Sono stato esperto del Consiglio d’Europa per la riforma dei
regolamenti Parlamentari(Albania) della riforma federale(Russia) e
osservatore internazionale per le elezioni parlamentari e/o
presidenziali di Albania(2x), Bielorussia(4x), Bosnia Herzegovina,
Georgia, Lettonia.Ho fatto, inoltre, fatto parte, per 5 anni nella
XIII legislatura(1996-2001) della Commissione Affari Costituzionali
del Senato della Repubblica, anche come capogruppo dei DS in quella
Commissione, competente per la legislazione elettorale. Last but not
least, sono stato candidato al Senato con il Mattarellum e il
Porcellum, alle Regionali Lombarde con 2 leggi elettorali diverse,
un’elezione europea senza le clausole di sbarramento della legge dl
2009 e, infine, in un comune sotto i 5.000 abitanti, nei tempi in cui
il Sindaco era eletto dal Consiglio Comunale e non direttamente o
indirettamente dagli elettori. Posso aggiungere che come avvocato da
solo o con altri, tra cui voglio nominare specialmente l’avv. Aldo
Bozzi, già avvocato dello Stato, omonimo e nipote dell’on. Aldo
Bozzi, un vecchio gentiluomo liberale, conservatore democratico: una
specie in via di estinzione nel nostro paese prima ancora di aver
raggiunto una certa consistenza.
Lo stato dell’arte e
i suoi antecedenti
La legge elettorale è
ancora in discussione in Senato ed anche se si troverà un accordo
pasticciato, non è detto che sia approvata in via definitiva. A
questa situazione non si è arrivati per caso, ma per ragioni
politiche e tecniche. Chiunque abbia una minima esperienza di lavori
parlamentari l’aveva capito quando la Commissione Affari
Costituzionali aveva deciso di collegare riforma della legge
elettorale alla riforma del numero dei parlamentari, per di più
differenziando le competenze di Camera dei Deputati e Senato della
Repubblica. Apparentemente una scelta logica, se cambia il numero dei
parlamentari quantomeno vanno ridisegnati i collegi. Un Senato, che
non deve più dare la fiducia, semplificava il problema del premio
di maggioranza, atteso che la previsione della” base regionale”
dell’elezione(art.57, c.1 Cost.) impedirebbe, e io sono d’accordo,
un premio di maggioranza nazionale. Tuttavia le leggi costituzionali
hanno una procedura diversa(art. 138 Cost.) da quelle ordinarie
(artt. 70-72 Cost.) e quindi necessariamente un rallentamento della
legge ordinaria, che comunque non può essere approvata, se non dopo
l’entrata in vigore della riforma costituzionale: tempi
assolutamente incerti, perché, a meno che, come scandalosamente è
successo recentemente con le modifiche degli artt. 81, 97, 117, 119
Cost., non siano approvate con i 2/3 dei componenti delle Camere, si
può dar luogo entro 3 mesi dalla definitiva approvazione a
referendum confermativo. L’incidente si era già verificata con il
porcellum , il cui impianto era funzionale ad una coeva riforma
costituzionale del centrodestra, che fu, giustamente e saggiamente
affondata dal popolo italiano col referendum del 2006. Un destino
annunciato quello della riforma della legge elettorale vigente per
due ragioni apparentemente opposte.
1) La prima è che il
porcellum è la legge ideale per le oligarchie/nomenklature/padri
padroni/leader carismatici, che in assenza di una legge sui partiti
politici richiesta dal combinato disposto degli artt.2, 39 e49 Cost.,
ne hanno assunto il controllo, cambiandone la natura, la funzione, la
missione e il modo di funzionamento proprio in una democrazia
rappresentativa dei corpi intermedi. I “partiti”, come li abbiamo
conosciuti negli anni 60 noi gente di sinistra, comunisti o
socialisti, che fossimo, non ci sono più, se ne sono,
definitivamente, “andati”, in misura senza confronti con la
stragrande maggioranza dei paesi europei. Non ci sono altri paesi
europei della nostra dimensione in cui il sistema politico non sia
articolato intorno a due partiti tendenzialmente alternativi, uno
socialista/socialdemocratico/laburista e l’altro
popolare/conservatore/democristiano/liberale, che, di norma, fanno
riferimento rispettivamente al PSE e al PPE. Come non esistono altri
paesi europei con un così alto numero di partiti identificati con il
nome di un leader, persino nel logo e/o nei simboli elettorali: ne ho
contati 6, ma è variabile in seguito a possibili disgrazie
politiche(Bossi) o successi(Renzi).
2) La seconda è la
martellante campagna mediatica sulla riduzione dei costi della
politica, semplificativamente ridotta, ai costi degli organi elettivi
rappresentativi, dal Parlamento ai Consigli regionali per finire con
quelli comunali e da ultimo provinciali. Se si volevano ridurre i
costi degli organi rappresentativi e fare in tempi rapidi una riforma
elettorale, anche per rispondere ai moniti del Capo dello Stato,
bastava demagogicamente ridurre del 50% le indennità dei
parlamentari, piuttosto che di ridurre di 1/4 o di 1/3 il numero dei
parlamentari.
La Corte
Costituzionale, che vede ma non provvede
C’era anche un’altra
ragione per modificare la legge elettorale, invocata proprio in
questi ultimi tempi, per fissare la soglia con l’emendamento
Rutelli, al 42,5%, dopo che prima, teoricamente, in una competizione
tripolare bastava essere sopra il 30% o in una equilibrata
competizione di quattro coalizioni o liste, sopra il 25%, per avere
diritto al 54% dei seggi(340 su 630), un avvertimento della Corte
Costituzionale, che in sede di esame dell’ammissibilità di
referendum elettorali da ultimo con la sentenza n. 13 del 2012 aveva
avvertito che un premio di maggioranza senza una soglia in seggi o
percentuale di voti presentava profili di costituzionalità. La Corte
non poteva, in realtà non ha voluto provvedere, bastava che avesse
avuto il coraggio, in situazione analoga della Corte Costituzionale
Federale tedesca, di sollevare d’ufficio la questione di
costituzionalità. Soltanto formali ragioni procedurali hanno fatto
sopravvivere un premio di maggioranza incostituzionale, la norma
referendaria non era norma in vigore e la norma della legge vigente
non era oggetto del giudizio. La Corte aveva segnalato il problema
al legislatore che provvedesse, ma conoscendo i suoi polli, sollecitò
i giudici a rimetterle la questione nelle procedure ordinarie.
Per chi voglia
approfondire basta la lettura non della sentenza n. 13 del 2012,
quella che tutti citano, ma la n.15 del 2008, cioè di 4 anni prima!.
I mezzi di comunicazione di massa dovevano occultare come hanno fatto
questa circostanza, non per coprire i ritardi della casta, il cui
prestigio è ridotto al 4%, ma i loro silenzi e i silenzi dei loro
costituzionalisti da Gustavo Zagrebelski di Repubblica a Michele
Ainis del Corriere della Sera, quest’ultimo nulla sapeva, mentre il
primo sollecitato ad occuparsene rispose che non aveva tempo: tempo
che invece trovò per sostenere i referendum elettorale truffa di Di
Pietro Parisi. Lo scopo era infatti di farli ammettere per provocare
elezioni anticipate con il porcellum, cioè ripetere 4 anni dopo
quanto avvenuto con i referendum Guzzetta. L’ammissione dei quesiti
referendari, che attribuiva l’abnorme premio di maggioranza( tanto
più grande quanto più bassa era la percentuale di voti della lista
di maggioranza relativa, alla faccia dell’art. 48 della
Costituzione). Quella pronuncia della Corte Costituzionale la conosco
bene perché sono stato tra coloro che l’hanno provocata come
cittadino elettore e come avvocato di una serie di associazioni
politiche di sinistra, che hanno creduto alle mie argomentazione,
come si desume dal testo della sentenza n. 15 del 2008, quando da
conto degli avocati e delle parti partecipanti al giudizio:
" Graziella
Colaiacomo per il Partito dei Comunisti Italiani, Felice Carlo
Besostri per il Senatore Tommaso Barbato, in proprio e nella qualità
di capogruppo del partito/gruppo politico organizzato denominato
“Popolari U.D.EUR”, per l'On. Dott. Mauro Fabris, in proprio e
nella qualità di capogruppo del partito/gruppo politico organizzato
denominato “Popolari U.D.EUR”, e per i gruppi politici
organizzati “Uniti a sinistra”, “Ars Associazione Rinnovamento
della Sinistra”, “Associazione RossoVerde-Sinistra Europea” e
“Gruppo del Cantiere”, Felice Carlo Besostri e Vittorio Angiolini
per il partito/gruppo politico organizzato denominato “per la
sinistra” e per l'On. Avv. Felice Carlo Besostri, Felice Carlo
Besostri e Costantino Murgia per i Socialisti Democratici Italiani
(SDI) e per il Comitato promotore nazionale per il costituendo
Partito Socialista, Massimo Luciani per il gruppo parlamentare del
Senato della Repubblica “Sinistra Democratica per il Socialismo
Europeo” e per l'associazione denominata “Sinistra Democratica
per il Socialismo Europeo”.. A distanza di tempo appare giusto
ricordare i compagni Ersilia Salvato, Gennaro Lopez, Pietro Folena ,
Piero di Siena, Cesare Salvi, Oliviero Diliberto, Gavino Angius e
Oreste Pastorelli, che decisero di opporsi ai referendum, ad essi si
associò anche l'UDEUR, mentre il PD di Veltroni era favorevole
all’ammissibilità. La sentenza è del 16-30 gennaio 2008 con il
governo Prodi ancora in carica, ma già sfiduciato dal Senato il
giorno della pronuncia, 16 gennaio e con le Camere sciolte con
decreto del Presidente della Repubblica del 6 febbraio. A quel punto
nessuna iniziativa legislativa poteva politicamente essere presa,
anche se la Costituzione( art., 77, c. 2) prevede che possono essere
adottati decreti legge a Camere sciolte, come dimostra, proprio in
tema pertinente, il Decreto Legge 15 febbraio 2008 n. 24(Disposizioni
urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche ed amministrative
nell'anno 2008)k quando i testo della sentenza era nota per essere
stato depositato il 30 gennaio.. Le elezioni si tennero il 13 e 14
aprile 2008. Una fissazione di una soglia sarebbe stata quindi
legittima se si avesse avuto a cuore la costituzionalità della legge
elettorale. Ebbene né allora, né nella legislatura successiva
nessuno ha mai presentato un disegno di legge per fissare la soglia.
La blindatura del
porcellum
Tutti conoscono
quell’aneddoto, ripreso in un’opera teatrale di Bertolt Brecht,
di un mugnaio di Potsdam che a fronte di un sopruso del re di
Prussia, Federico II, il Grande, esclamò” Ci sarà pure un giudice
a Berlino” Un gruppo di avvocati impugnò davanti al Tar Lazio il
decreto di convocazione dei comizi elettorali sostenendo che non si
potevano svolgere elezioni con una legge incostituzionale: a un
profano può sembrare ovvio. Ebbene come hanno potuto sperimentare
quegli avvocati, tra i quali il sottoscritto, la nostra magistratura
ha difeso la legge elettorale nell’unico modo possibile. Sentenza
della Corte Costituzionale alla mano, non osarono dichiarare la
questione di costituzionalità “manifestamente infondata”, e
allora ecco l’escamotage: la questione “ non è rilevante al fine
del giudizio”, dal momento che non c’è un giudice competente,
quindi nessuna sentenza nel merito da emettere. Infatti per arrivare
a questa geniale furbata ci si poteva appoggiare su una lunga
tradizione di connivenza tra magistratura e potere politica
attraverso un’interpretazione estensiva dell’art. 66 della
Costituzione, per cui ciascuna Camera giudica dei requisiti di
ammissibilità dei suoi componenti. Una persona normale pensa che uno
o una( anche se abbiamo un percentuale ridicola di donne
parlamentari) per essere definito componente di una delle Camere
debba almeno essere proclamato deputato/a o senatore/trice: ebbene
no! la competenze delle camere, tramite le loro giunte delle
Elezioni, si estende alle operazioni elettorali preparatorie,
comprese l’ammissione o non ammissione delle liste e dei candidati,
una posizione avallata dalla stessa Corte Costituzionale con la
sentenza n. 259 del 2009 , ma sostenendo che è materia di competenza
della Cassazione, come giudice della giurisdizione, avendo la
Cassazione affermato la natura giurisdizionale della Giunta delle
elezioni, natura che, invece, questi organi rifiutano. Il Tar Lazio
sez. IIbis sentenza. 27 febbraio 2008, n. 1855 e del Consiglio di
Stato, sez. IV sentenza del 13 marzo 2008, n. 1053., hanno avuto la
sensibilità di battere il Guinness dei primati di sentenze rapide:
due gradi di giudizio in meno di un mese. Tuttavia per blindare il
porcellum hanno esagerato dichiarando che il decreto di convocazione
dei comizi è un atto inimpugnabile: la strada è aperta per un
golpe legale, perché la Costituzione(art. 61, c.1) prevede che “le
elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla
fine delle precedenti”: un termine che potrebbe essere prorogato ad
libitum da un Presidente golpista. Solo il caso ci ha salvato dagli
effetti più dirompenti di organi eletti da una maggioranza , come
quella del 2008, che avesse potuto eleggersi un Presidente della
Repubblica e quindi controllare le nomine presidenziali nella Corte
Costituzionale e il CSM. La conclusione della giurisprudenza
consolidata: su una legge elettorale incostituzionale dovranno
decidere le Camere elette con quella legge dopo le elezioni. Come
chiedere ai tacchini di organizzare il pranzo di Natale in Europa o
il Thanksgiving Day negli Stati Uniti. Illazioni? No le Giunte
delle elezioni della Camera e del Senato si sono occupati di ricorsi
ex art. 87 DPR 361/1957 Testo Unico per l’elezione della Camera dei
Deputati, rispettivamente il 17 giugno 2009 e il 3 novembre 2009.
Cosa hanno deciso all’unanimità? Che la legge elettorale vigente,
la Calderoli, non presentava rilievi da doverla rimettere alla Corte
Costituzionale. Si sono fatti influenzare dal fatto che i ricorsi
contestavano, oltre che il premio di maggioranza, le liste bloccate,
cioè la modalità con cui erano stati eletti? Honny soit qui mal y
pense ("Sia vituperato chi ne pensa male”), sicuramente non
hanno pensato al loro caso personale, perché sono soggetti alla
Costituzione che all’art. 54 stabilisce che “Tutti i cittadini
hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la
Costituzione e le leggi” ed anche che “I cittadini cui sono
affidate funzioni pubbliche hanno il divere di adempierle con
disciplina ed onore” e per di più come parlamentari rappresentano
“la Nazione” (art. 67 Cost.)e non i loro interessi. Tutte le
decisioni sono state prese, come già detto, all’unanimità, ma non
si potrà mai saper chi era presente: i nomi dei partecipanti sono
per prasi secretati. Su queste vicende assoluto silenzio di
giornalisti, politici e costituzionalisti, salvo poche eccezioni in
questi 4 anni, tra le quali è giusto nominare il prof. Augusto Cerri
della Sapienza e quelli che sono interventi nel giudizi del 2008
Vittorio Angiolini e Costantino Murgia. Oltre che il prof. Valerio
Onida per il sostegno morale dato agli avvocati ricorrenti
partecipando ad una serata alla Casa della Cultura d Milano alla
vigilia della decisione della Corte d’Appello di Milano
Conflitto di
attribuzione e Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
Per non lasciar nulla di
intentato è stato promosso un conflitto di attribuzione senza
precedenti cioè tra il potere dello Stato popolo e il parlamento e
l’ordine giudiziario. Un tentativo di introdurre un ricorso diretto
alla Corte Costituzionale in caso di lesione di diritti
costituzionali fondamentali in Germania e Spagna. La tesi è che il,
potere popolo e come la magistratura un potere diffuso e quindi ogni
frazione del popolo elettore rappresenta l’intero potere. Se è
considerato un potere dello stato i comitati referendari, a maggiora
ragione un elettore dovrebbe potere tutelare la sovranità che
“appartiene al popolo, che la esercita nella forma e nei limiti
della Costituzione”(art.1, c.2 Cost.) . In altre parole solo la
Costituzione può porre dei limiti all’esercizio della sovranità,
che in una democrazia rappresentativa ha la sua massima espressione
nella partecipazione al processo elettorale. La motivazione era di
non lasciar nulla di intentato di fronte al pericolo per la
democrazia, che non ci fosse una tutela giurisdizionale effettiva nei
confronti di una legge elettorale di sospetta costituzionalità,
ovviamente prima delle elezioni.
Fallito anche questo
tentativo con la loro acribia gli avvocati democratici si son detti
che se non c’è un giudice a Roma, si sarà a Strasburgo e perciò
ricorso europeo alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha
ritenuto inammissibile il ricorso non per ragioni di merito, ma per
il fatto che la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle
Libertà Fondamentali tutela i diritti civili e non quelli politici.
Per una istituzione nata per contrapporre le democrazie occidentali
alle dittature dell’Europa orientale è un gran bel risultato! Si
doveva configurare l’azione come risarcimento danno?
Lo scandalo dei
giudizi civili: Tribunale e Corte d’Appello di Milano: le strane
ambiguità del Governo tecnico
Un nuovo approccio si
imponeva, vista la preclusione a trasmettere la questione alla Corte
Costituzionale, con l’iniziativa dell’avv. Bozzi e con la sua
regia si è proposto un’azione ordinaria di accertamento del
diritto per un cittadino italiano di votare in conformità alla
Costituzione. Per farla breve Il Tribunale Civile di Milano non
accoglie le eccezioni di inammissibilità dell’Avvocatura dello
Stato: infatti non c’erano procedure elettorali in corso, ma nel
merito respinge senza fare un minimo cenno alle sentenze della Corte
Costituzionale ma limitandosi alla trita e ritrita considerazione che
la Costituzione non aveva costituzionalizzato una legge elettorale
proporzionale, anche se la presuppone, quando stabilisce una serie di
maggioranze QUALIFICATE PER ELEZIONE DI ORGANI DI CONTROLLO E
RIFORMARE LA COSTITUZIONE.
Il Tribunale ha fatto
finta di non accorgersi della questione del premio di maggioranza, la
Corte d’Appello, che non poteva far finta di niente, dal momento
che l’omessa pronuncia era uno dei motivi d’impugnazione, è
andata per le spicce e si è sostituita alla Corte Costituzionale
entrando nel merito delle eccezioni invece di limitarsi alla
manifesta infondatezza . Il giudizio ora pende un Cassazione. Nelle
puntate precedenti era logico che la Presidenza del Consiglio, da cui
dipende l’Avvocatura dello Stato e che la difendeva unitamente al
Ministro degli Interni difendesse la costituzionalità di un
provvedimento della sua maggioranza. Monti e la Cancellieri, che
interesse avevano a non dare istruzioni all’Avvocatura di
concordare per una richiesta congiunta di rimessione alla Corte
Costituzionale, invece di insistere sulla linea berlusconiana, non lo
si è capito, anche perché s’è guardato. Un atteggiamento
denunciato dai legali, ma ripreso soltanto dal Manifesto, con un
articolo di Fabozzi del 8 novembre di quest’anno:
http://www.ilmanifesto.it/areaabbonati/argomenti/manip2n1/20121108/manip2pz/331346/?tx_maniabbonatimvc_pi2%5Bsezione%5D=PRIMA&cHash=a7f494090e3395008ea038c262409518.Si
possono solo fare ipotesi al limite della speculazione di avere le
mani libere di intervenire, con la copertura del Capo dello Stato in
zona Cesarini con un decreto-legge ovvero di non correre il rischio
che con una legge elettorale appena più potabile sarebbe stato più
agevole un scioglimento anticipato delle Camere.
L’epilogo
provvisorio
Come si sa l’ipocrisia
è l’omaggio del vizio alla virtù ed è comunque meglio della
protervia della vecchia maggioranza berlusconian-bossiana, ma fa
specie l’invocazione alla Corte Costituzionale per giustificare la
soglia di acceso al premio di maggioranza fissata al 42,50% dopo aver
generosamente portato la maggioranza al 55% dei seggi, in luogo del
l’esistente 54%. Il PD si è sentito defraudato in prima battuta,
ma dopo anche Grillo e DI Pietro hanno fatto i loro conti e si sono
messi a gridare al colpo di Stato: c’è una manovra politica per
costringere a maggioranze di salvezza nazionale o per perpetuare il
governo a guida Monti. .. I terzisti vogliono essere determinanti e
i polisti non essere totalmente tagliati fuori o comunque impedire la
vittoria di PD-PSI-SEL con o senza UDC. Il relatore Malan, un finto
pentito, giustamente ha argomentato che se si deve dare un premio di
maggioranza per la governabilità occorre che il premio dia la
maggioranza, altrimenti non si giustifica e con un doppio tuffo
carpiato della logica dice che se il premio è di 76 seggi la soglia,
che obbligatoriamente va posta in omaggio alla Corte Costituzionale,
ignorata da maggioranza e opposizione per quattro anni, non può che
essere il 42,5%.La Germania ha un premiolino di maggioranza nel senso
che si può dare un solo seggio in più per raggiungere la
maggioranza assoluta dei componenti del Bundestag, ma la Germania ha
un numero variabile di parlamentari nella sua Camera bassa. Una legge
elettorale nell’imminenza di elezioni non può non tener conto
delle previsioni di voto: non si può pretendere che i parlamentari
del centro-destra e del centro non pensino ai loro interessi cioè
rovescino il paradosso di Sant Just, per il quale in una democrazia i
molti dovrebbero avere le virtù che normalmente sono di pochi. Nel
2005 c’era un accordo sotterraneo di costruire un bipolarismo
artificiale. Nel 2009 altro accordo a 5, cioè anche con l’IdV, per
impedire che le forze politiche escluse nel 2008, tutte le formazioni
di sinistra da quella riformista a quella antagonista, riprendessero
vigore grazie a qualche eletto nel Parlamento Europeo e ai
finanziamenti collegati. Anche le elezioni europee sono state portate
davanti ai giudici da PSI- Verdi e SEL e dalla lista di unione
comunista, ma senza insistere troppo, quando si è capito, che anche
in quel caso i giudici ciurlavano nel manico, accogliendo il ricorso
dell’on. Gargani in base ad un motivo, non accolto, invece, quando
ad eccepirlo era stata Sinistra e Libertà e un cittadino elettore.
No credo valga la pena fare previsioni su come andrà a finire e
francamente non è nemmeno la questione di maggior interesse.. Se in
Sicilia fosse stata in vigore la legge elettorale toscana, la madre
spirituale del porcellum Crocetta avrebbe la maggioranza
assoluta dei seggi nell’ARS saremmo più vicini alla soluzione dei
problemi politici, economici e sociali che hanno provocato una
maggioranza superiore al 50% di non voto e fatto del 5 Stelle il
primo partito ? non lo credo anzi sono convinto del contrario che lo
stato di necessità sia una spinta all’autoriforma e al sorgere di
nuove propose aggregative con vocazione maggioritaria, quello che è
sempre mancata alla sinistra italiana anche quando PCI e PSI
superavano il 40%. La soglia minima del 25% era quella della
fasciatissima legge Acerbo, il 50%+ 1 della legge truffa ( a
proposito per verità storica non era la soglia in discussione ma il
premio paria l 65% dei seggi, cioè appena un 1% meno della soglia
per riformare la Costituzione senza temere la richiesta di referendum
confermativo), il 42,50% è inaccettabile per il PD per non perdere
la faccia del tutto dopo le reazioni scomposte all’approvazione di
un emendamento di uno dei cofondatori del PD, un certo Rutelli, una
cosa sulla quale riflettere. In una logica di mercanti di tappeti è
probabile il 40% ( a quel punto non ho mai capito perché il premio
non sia il 10% più un seggio, che da la maggioranza assoluta), resta
da discutere il premio al primo partito, che spero si precisi della
coalizione vincente, ma sotto il 40%, altrimenti potrebbe diventare
un premio di ingovernabilità se andasse alle 5 Stelle: in un suk la
discussione sarebbe fra un minimo del 5 % ed un massimo del 10%,
diciamo che uscirà un valore nella forchetta tra il 6e 8%: dipende
dall’abilità dei negoziatoti/negozianti e dei benefici collaterali
che si è disposti a dare In questa logica non escludo vista la
italica propensionbe a sistemi misti( abbiamo inventato il
proporzionale maggioritario) che ci sia un terzo di eletti con lista
bloccata, un terzo con preferenza e un terzo con uninominale a doppio
turno Tuto ciò può avvenire erchè non si vuol capre che una scelta
di modello elettorale è un acelta politica e culturale e riflette
l’idea che non abbiamo delle istituzioni e della loro funzione
nella trasformazione della società. Non è solo questione di seggi
ma soprattutto di cultura ed etica politica di cui si avverte una
certa ( ironico) carenza. Di questo di parlerà nella seconda parte
anche con esempi, italiani e stranieri, di clamorosi errori
dell’approccio di pura tecnica elettorale o dell’ideologia della
governabilità, come se fosse un valore in sé
*Felice Besostri,
avvocato, ricercatore e docente di Diritto Pubblico Comparato,
componente della Commissione Affari Costituzionali e della Giunta
degli Affari Europei del Senato della Repubblica nella XIIi
Legislatura, Componente della Commissione Giuridica dell’Assemblea
Parlamentare del Consiglio d’Europa(1997-2001)