di Felice Besostri, Circolo LA
RIFORMA*, Milano
Slavoj Žižek cita
Alain Badiou (Introduzione a Logiken der Welten. Das Sein und das
Ereignis2,Diaphanes, Zurigo, 2010, 17 ss) , per il quale una
politica rivoluzionaria, che parte dagli antichi cinesi”
Legalitari” fino a Lenin e Mao attraverso i Giacobini contiene 4
punti: 1)Volontarismo ,la convinzione, cioè che. si
possono, “Spostare le montagne”, ignorando le leggi e gli
ostacoli ”obiettivi”. 2)Terrore,
la volontà senza riguardi di annientare i “nemici
del popolo” 3) Giustizia ugualitaria,
la immediata e brutale attuazione del diritto senza riguardo “alle
complesse circostanze”, che ci costringerebbero a procedere piano e
un passo alla volta 4)Fiducia nel popolo,
ad esempio la “Grande verità” di Robespierre: “Un governo
popolare deve avere fiducia nel popolo ed essere severo con se
stesso” o la Critica di Mao all’opera di Stalin “Problemi
economici del Socialismo nell’URSS”, al punto di vista
staliniano, ritenuto “quasi completamente falso. L’errore
principale è la sfiducia nei confronti dei contadini”(“die
bösen Geister des himmlischen Bereich. Der
linke Kampf um das 21. Jahrhundert”,
Fischer, Francoforte s. M.,2011, 94).
Per Ignazio
Silone(reprint dell’”Avvenire dei Lavoratori” a cura
dell’Istituto Europeo di Sudi Sociali, Milano, 1992, 62,) quattro
erano le questioni in forza delle quali si consumò la scissione tra
comunisti e socialisti: “a)difesa nazionale o disfattismo; b)
partecipazione ministeriale o opposizione sistematica; c)legalità o
insurrezione; d) dittatura o democrazia.”( citazione in Felice
Besostri, Silone e la visione europea del Socialismo, saggio
dell’opera AA.VV., Zurigo per Silone. Le idee, Atti delle
Giornate Siloniane in Svizzera ,vol. 2, L’Avvenire dei Lavoratori,
Quaderni, Zurigo, 2011, 48).
La prima distinzione
attiene alla divisione teorica tra rivoluzionari e
riformisti, mentre la seconda a quella politica, in un momento
dato, tra comunisti e socialisti e, pertanto, soltanto
parzialmente sovrapponibili e/o coincidenti, ma tuttavia entrambi
dimostrano la persistenza di atteggiamenti mentali, oltre che di
comportamento politico, anche in assenza dell’esistenza concreta di
proposte e programmi contingenti alternativi. Parlando dell’Italia
e dell’Europa sicuramente, ma vale anche per la gran parte
dell’America Centrale e Meridionale, non esistono movimenti di una
minima consistenza che si definiscano rivoluzionari o che, comunque
teorizzino la conquista del potere con la violenza per poter
esercitare il terrore contro i nemici della Rivoluzione. Le uniche
forme( ma con obiettivi ben poco attinenti con l’instaurazione di
una giustizia sociale ugualitaria)rivoluzionarie ancora in atto sono
quelle nazionaliste secessioniste( in Europa gli unici focolai sono
nel Caucaso, dalla Cecenia, all’Ossezia del Sud e all’Abkazia,
oltre che nel Kurdistan turco, dopo la cessazione della lotta armata
nell’Irlanda del Nord e nei Paesi Baschi) e quelle integraliste
religiose islamiche .In Italia non esistono eredi diretti della
tradizione comunista e socialista, in grado di polarizare il
dibattito a sinistra(Rifondazione Comunista e PdCI da un lato e PSI
dall’atro non hanno la consistenza del PCI e del PSI d’antan
Tuttavia esistono divisioni profonde a sinistra, che non sembrano
ricomponibili, a meno che nasca un progetto comune dalla critica al
sistema economico e sociale esistente e da una proposta di un suo
superamento, anche come uscita dalla crisi economica e finanziaria.
L’ordine capitalista sta, infatti erodendo, anche le conquiste
tradizionali della socialdemocrazia come il welfare state,
cioè del compromesso tra movimento dei lavoratori e capitalismo. Di
più il liberismo economica prima e ora le ricette per uscire dalla
crisi, minacciano l’esistenza stessa della democrazia, come forma
di governo, sia come critica dell’incapacità democratica di
risolvere problemi complessi in un mondo interdipendente e
globalizzato, che della convinzione della necessità di passare dal
consenso democratico alla coercizione e repressione sociale, per
imporre le politiche richieste dai “mercati” e, quindi, con la
sospensione quantomeno temporanea, delle garanzie e procedure tipiche
della democrazia. Il nodo della dimensione nazionale dello Stato
democratico è quello principale che deve essere sciolto, ma non da
solo perché vi è anche quello tra capitalismo, specialmente nella
sua fase di massima espansione finanziaria e pertanto svincolato da
un territorio e politica delle istituzioni, che, invece, ad un
territorio sono indissolubilmente vincolate. In attesa di un governo
mondiale c’è un terreno nel qual si possono compensare le diverse
esigenze, cioè in uno Stato di dimensione continentale, che sia
anche attore primario nelle organizzazioni internazionali e
sovranazionali. Resta tuttavia aperto il problema della natura di
questo stato se democratico federale o autoritario confederale.
Quanto è lontano il dibattito nelle istituzioni e nei singoli
partiti da questi temi centrali, ad illustrare la distanza tra mondo
politico e interessi concreti del popolo bastano gli scenari creati
dalle elezioni anticipate siciliane Si deve, tuttavia, riconoscere un
merito agli attori politici siciliani, quello di aver rinunciato ad
ogni forma di ipocrisia, che come si sa è, comunque, un omaggio del
vizio alla virtù, la lotta politica è lotta pura di potere di
uomini contro altri uomini: le ragioni ideologiche o politiche di
questa lotta sono secondarie e comunque sullo sfondo. Alleanze o
rotture di alleanze sono subordinate ad una logica di vantaggio per
la propria formazione, soprattutto del suo gruppo dirigente e negli
ultimi tempi, addirittura del suo capo: da qui il disinteresse per i
programmi e persino per le stesse regole del gioco( legge
elettorale). La forza del porcellum e delle idee che l’anno
ispirato è tutta qua: il potere assegnato alle nomenklature di
comporre il Parlamento attraverso le liste bloccate e di
predeterminare gli assetti prima delle elezioni, che in assenza di
etica politica, non possono che fondarsi su meccanismi legali, quali
i premi di maggioranza collegati ad un’elezione diretta o
semidiretta del capo dell’esecutivo, a prescindere dalle forme di
governo delineate nella Costituzione, che nel nostro caso è una
forma di governo parlamentare a prevalenza assembleare. In nome del
mito della scelta del governo da parte degli elettori, li si
espropria del potere vero di scegliere i propri rappresentanti,
legati ad un progetto politico ben preciso: il voto libero, uguale e
diretto si trasforma in una camicia di Nesso, in cui partiti, non
soggetti ad alcuna legge e a statuti democratici con controllo
giurisdizionale, predeterminano il risultato indipendentemente da un
consenso maggioritario, in voti o in seggi come risultato di diretta
espressione elettorale( quindi indifferentemente che si voti con
sistemi elettorali proporzionali o maggioritari), che è l’essenza
della democrazia. Certo c’è la libertà di votare per una proposta
bloccata o per l’altra o di non votare, ma in tale ultimo caso, di
lasciare la scelta ai votanti, anche se fossero la minoranza del
corpo elettorale: per le elezioni politiche non c’è la clausola
della nullità del risultato elettorale, se non partecipa la
maggioranza degli elettori, come nelle elezioni comunali o come era
previsto nelle elezioni sovietiche( in tal caso con la sicurezza che
l’ipotesi non si sarebbe verificata). Nel nostro sistema
elettorale, benché tardivamente previsto nella legge delega n.
69/2009(art. 44) agli elettori è persino sottratto, caso unico in
Europa, il diritto di opporsi all’ammissione e di liste o di
candidati o, come semplici iscritti alle liste elettorali, di
concorrere al finanziamento di liste avversarie, anche se fossimo
stati candidati o ci fossimo astenuti dal partecipare alle elezioni o
avessimo votato bianco o nullo ( anche in questo siamo un caso unico
nei paesi che prevedono un rimborso elettorale. Ciliegina: a dispetto
dell’art. 51 Cost.( concorrere in condizione di uguaglianza alle
cariche elettive) una serie di norme favoriscono le forze già
presenti nelle istituzioni, rispetto a nuovi soggetti politici
potenzialmente concorrenti, sia con le formalità per la
presentazione di candidature e/o liste sia con le norme sui rimborsi
elettorali, poiché si tenta di estendere il modello europeo e
regionale, per cui il diritto al rimborso spetta unicamente se si ha
un eletto ( pensare che la norma era stata adottata per finanziare
chi non avesse raggiunto almeno l’1%), che con l’introduzione di
una soglia di acceso fa coincidere soglia per l’elezione e soglia
per aver diritto ad un rimborso, altra unicità italiana. Per esempio
in Germania con una Sperrklausel del 5% il rimborso spetta, in
seguito ad una sentenza di quella Corte Costituzionale, più vigile
della nostra nell’applicare la stessa norma del voto libero, uguale
e diretto, a chi abbia conseguito lo 0,5%. In conclusione una forza
politica, che si sia presentata senza successo ad un turno
elettorale, è esclusa dalla possibilità di ripresentarsi, se a capo
non c’è un uomo ricco di suo( p.es. Montezemolo) o perché comico
di successo(Grillo). Non c’è un dibattito pubblico sulla nuova
legge elettorale, ma nemmeno tra i partiti e nei partiti, appena si
esce dalla ristrettissima cerchia degli esperti PD, PdL e UDC, che
stanno tentando, con estrema difficoltà, di trovare un’intesa:
parafrasando Ciu en Lai su USA e URSS, dormono nello stesso letto, la
maggioranza della fiducia a Monti, ma fanno sogni differenti e per di
più è un menage a trois. Come unico correttivo ci sono le
Primarie, che, a parte casi come Milano e Genova, sono un rito
collettivo di investitura, più che di scelta del miglior competitore
e su una base privata e volontaristica dei singoli partiti, senza una
base legale e senza efficaci controlli giurisdizionali, a
prescindere dal fatto che quando non sono interne ad un partito, come
negli USA, hanno una funzione equivoca di scelta di candidato e di
programma: il rispetto dei risultati è per di più aleatorio, come
il caso di Palermo ha dimostrato. Tanto che non si sono neppure
pensate in vista dell’elezione anticipata dell’Assemblea
Regionale Siciliana, dove sarebbero state necessarie per evitare una
divisione esiziale per una prospettiva di vittoria della Sinistra.
Una difficoltà ulteriore
è che non ci sono luoghi, sia nel senso di spazi fisici o di
riviste, comuni di discussione, in cui confrontare anche progetti
alternativi per una sinistra non subalterna, da qui l’idea di un
contenitore come gli Stati Generali della Sinistra, anche se i
risultati di quelli del febbraio 1998 a Firenze sono stati deludenti
rispetto alle intenzioni. Di fondo c’è l’idea che confronti non
precostituiti diano comunque un impulso di rinnovamento, sia di idee,
che di gruppi dirigenti, di cui si avverte la necessità.
TILT CAMP, Marina di
Grosseto, 30 agosto 2012
*Il
Circolo LA RIFORMA è affiliato al Gruppo di
Volpedo(www.gruppodivolpedo.it)
e al Network per il Socialismo Europeo(www.melogranorosso.eu
)