di Felice Besostri
C’è un’apparente contraddizione tra il titolo dell’intervento
di Mario Tronti (Il Riformista del 23/10/2011) “La mediazione laica non è
il metodo, è la soluzione” e il periodo del testo in cui si legge “La mediazione laica, di cui parla il nostro documento, non è la soluzione, è
il metodo”. Soltanto dei provetti talmudisti, con la tecnica del pilpul, tramite intense analisi testuali
per spiegare differenze interpretative o per riconciliare apparenti
contraddizioni presenti nelle letture esegetiche dei testi, potrebbero
risolvere in positivo il dilemma: la soluzione sta sempre nei contenuti, ma
senza la discussione non potrebbero uscire soluzioni condivise. La condivisione
non è, tuttavia, garanzia di soluzioni giuste. In democrazia una decisione deve
raggiungere almeno la maggioranza relativa, ma solo come requisito di validità,
una maggioranza più ampia non è necessaria d soprattutto potrebbe essere il
frutto di un compromesso equivoco. Non è casuale che tutti i firmatari, Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario
Tronti e Giuseppe Vacca, del documento “L'Emergenza Antropologica: Per una
Nuova Alleanza” abbiano un passato comunista in comune , sia pure di scuole diverse, mentre non la
credenza religiosa: soltanto Paolino Sorbi è un cattolico praticante. La
sinistra comunista condivide con il cattolicesimo integralista la visione di
una società organica, perché retta da un ethos
comune e caratterizzata da telos
condiviso, che si tratti della salvezza o della società degli uguali: non
importa. C’è anche come fattore unificante l’avversario, individuato
nell’individualismo da cui prendere le distanze non solo da quello economico,
ma anche da quello “etico, dal
relativismo, dal libertarismo” un pot
pourri, in cui si confondono bramosia di guadagno, avarizia e consumismo
spinto con la responsabilità degli individui, non come monadi solipsiste, ma
come esseri sociali, la loro ricerca della conoscenza e, se possibile, della
verità e gelosi delle scelte personali, che non ammettono interferenze da parte
di uno Stato, di una Chiesa o di un Partito. Ci ricordiamo le tragiche conseguenze
della distinzione tra libertà borghesi o formali e libertà sostanziali, quelle
sovietiche o delle democrazie popolari? Le libertà formali sono condizione
necessaria, anche se non sufficiente, per le libertà sostanziali. Soltanto la
tutela delle libertà individuali è garanzia e presidio di quelle collettive.
Storicamente la conciliazione è stata tentata dal socialismo democratico, per
cui libertà e giustizia sociale sono strettamente connesse, cioè inscindibili,
come socialismo e democrazia, come metodo per la conquista e la gestione del
potere. Su un punto si deve concordare con Tronti, quando constata che le
diseguaglianze sociali non sono una preoccupazione per le frange
liberaldemocratiche del PD (ma Letta e Franceschini o Fioroni non sono anche
cattolici praticanti?) e per i libertari radicali. Appunto per questo sono
fallite nel passato - e non hanno senso nel presente e nel futuro - alleanze
con il solo comune denominatore del laicismo e del liberalismo. Se poniamo al
centro dell’azione politica il lavoro e il superamento delle diseguaglianze
sociali (sempre più crescenti e intollerabili)) pensiamo seriamente che la
situazione dei disoccupati, dei precari e dei poveri migliorerebbe di colpo se
si potesse fare accanimento terapeutico, non si riconoscessero diritti alle
coppie di fatto e ancor meno a quelle dello stesso sesso o si punisse con la
galera la fecondazione eterologa? I firmatari del documento non hanno chiara la
distinzione tra fede e religione, quella che un poeta frate servita ha
insegnato a un ateo, come me. La fede è un modo di stare nel mondo, la
religione un modo di vedere il mondo cioè una Weltanschauung come tante altre, un’ideologia in senso deteriore:
una falsa rappresentazione della realtà. Con gli uomini di fede non ci sono
problemi per chi sta a sinistra ed è laico e socialista: solidarietà,
fraternità, uguaglianza e libertà sono valori comuni. Il problema non sono la
fede o i valori cristiani: in Gran Bretagna e nei paesi nordici organizzazioni
cristiano sociali e persino gruppi ecclesiali sono stati tra i fondatori dei
partiti laburisti e socialisti democratici. In nessun partito socialista, anche
quelli più laicisti o con un passato anticlericale, si è messo come slogan che
“La religione è l’oppio dei popoli”. Nel PSOE ha raggiunto posizioni di alto
rilievo istituzionale Gregorio Peces Barba e in Francia un cattolico praticante
come Jacques Delors è stato un grande personaggio del Partito Socialista e a
Vacca non c’è bisogno di ricordare quei compagni di grande spessore, che sono
stati i cattolici comunisti. Proprio considerare i cattolici in politica come parte/controparte
in un dialogo accentua una separatezza tra cattolicesimo e sinistra senza senso.
Il problema sono il Vaticano e l’egemonismo della gerarchia cattolica in Italia
e i loro interessi concreti nel nostro paese. Non basta essere saltuariamente
critici degli eccessi del capitalismo o il predominio della tecnica per non
pagare le tasse su attività commerciali, essere esentati dall’ICI e per
prendersi una consistente fetta dell’8 per mille , anche di quelli che non
hanno scelto di destinarla alla Chiesa Cattolica,
Milano, 23 ottobre 2011