Per ragioni misteriose tutti i mezzi di informazione di massa, senza distinzione di orientamento politico, hanno presentato la sentenza della Corte di Giustizia della UE come invalidante il reato di clandestinità. A sinistra si poteva gridare con soddisfazione: “ve l’avevamo detto!” e a destra utilizzare la sentenza per diffondere insicurezza e allarme e per alimentare una nuova polemica sull’Unione Europea.
Ebbene il reato di clandestinità, di natura contravvenzionale, cioè punibile con una sola ammenda, è stato introdotto con l’art. 1 c. 16 della legge n. 94/2009 (PACCHETTO SICUREZZA), mentre la Corte di Giustizia della UE si è occupata delle norme della legge n. 189/2002 (Bossi-Fini) di modifica degli art. 13 e 14 del Dlgs n. 286/1998 (Turco-Napolitano) con l’introduzione di una pena detentiva da 1 a 4 anni per violazione dell’obbligo di espatrio in seguito a decreto di espulsione. Il motivo è la violazione della Direttiva rimpatri, che lo Stato italiano doveva recepire entro il 24 dicembre 2010. E' giurisprudenza consolidata che, decorso il termine assegnato agli Stati per il recepimento, le norme chiare ed inequivoche della direttiva si applichino direttamente. La Direttiva non è stata recepita perché regolarizzava tutti i lavoratori clandestini in nero, che avessero denunciato i datori di lavoro. I rimpatri devono assegnare termini ragionevoli per il rimpatrio volontario e non si può limitare la libertà personale per più di 18 mesi. Con la normativa dichiarata illegittima il termine per dar corso al decreto di espulsione era di 5 giorni mentre per la direttiva doveva essere da 7 a 30 giorni. Quando vi è contrasto con la normativa europea la norma nazionale deve essere disapplicata e pertanto da dicembre 2010 praticamente nessuno era condannato per violazione del decreto di espulsione. Il reato di immigrazione clandestina quindi è tuttora vigente anche se ad esso vanno applicati i principi enunciati nella sentenza per tutti quei clandestini che facciano dichiarazione di emersione e chiedano la regolarizzazione se lavorano o hanno lavorato in nero.
on. Avv. Felice C. Besostri
Presidente del Comitato per l’Autoemersione
dei Lavoratori clandestini